03 aprile 2006

8360-NyC

ok
sono il primo a menarmela se qualcuno,
magari fra tutti i suoi compagni e per un semplicistico copiaincolla, m’inviasse la cronostoria del suo ultimo “esotico viaggio”.
Decido che la blogghizzazione sotto questo aspetto è sana come la masturbazione, automatismo senza invasione, quando per necessità virtude…
E se la chitarra echeggiante e la sua voce pure, che potere della tecnologia rimarrà(fortunatamente)anche ai posteri, di John Lee Hooker, mi scandisce i tempi, o almeno accentua la sgretolazione, il tripudio del casuale, mi basta fermarmi un attimo, focalizzare o meglio risentire l’aria fresca e magica, la sacralità incredibilmente intatta del Central Park…

come se l’avanzata inesorabile del progresso l’avesse risparmiato sul punto di distruggerla;

come se, inspiegabilmente tutto si fosse fermato nell’attimo prima dell’attacco finale…










ero lì magneticamente attratto
da quelle pietre neromonolite,
rugosi dorsi d’una qualche balena preistorica, anche lei fossilizzata nel momento della ripresa degli abissi, l’attimo dopo un ossigenazione profonda o la visione d’un qualche pericolo in superficie…
Manhattan…isole di colline per gli indiani Munsee…grattacieli ed obiettivi terroristici negli ultimi tempi, eppure solo un attimo se confrontato all’arcistoria di quelle rocce.
Sedersi su quelle pietre significa aspettare un passaggio, preda nemico o incontro che sia.

Fuori da qualunque logica temporale…

Non c’è alcun’infrastruttura umana fastidiosa, tutto come ad equilibrare il circondo di gran lunga troppo pieno ma altrettanto affascinante.

Potrei fermarmi qui.
Solo qualche foto giusto per…


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