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8360-Novembre
Scrivo come il vento,
che deve sfiorare le cime degli alberi e dei palazzi di fronte;
non lo vedo, ma lo sento ed immagino…
immagina con me!
Tenendosi per mano, toccandosi ripetutamente, cercandosi.
E non chiedermi parole,
non cercarle,
diventa sorda per un attimo e muta,
in qualcosa di delicato che si alimenta di luce e di ombra,
ne fiore ne quercia,
solo il tempo d’un brivido sottile.
Perdere il senso,
dimenticarsi dei vestiti, del cellulare, delle scarpe di cuoio…
ama il fango, pur freddo ed apparentemente putrido…
cerca il contatto con questa terra di Novembre, che
tanto sembra morire;
carezza le foglie che dal verde rincorrono il giallo,
come quei figli che non hai avuto
che tante mamme hanno già perduto,
e guardale…
si è vero;
da quegli alberi dove poc’anzi,
sventolavano come ventagli nel caldo d’estate;
d’un estate che adesso sembra mai esistita…
…sono tutte morte, da pochissimo, da tanto…
da sempre?
E cerchi di farti calore, pensando ad un sole lontano,
ad un sale che bruciava gli occhi e mordeva le labbra,
del costume che arrossava,
di quel odore d’acerbo e drammatico,
come a mezzogiorno, quando l’ombra scompare,
e l’asfalto comincia a fumare;
Per me in quelle estati,
esisteva solo il mare ed il giocare…
mentre qualcosa s’insinuava
tra le pieghe d’un sorriso,
o d’un cercarsi con gli occhi…
Quante estati da allora e quante altre storie…
Magari è proprio questo!
Questo essermi scottato più volte,
come al sole e all’amore…
Allora una forma di saggezza che,
almeno,
il tempo con le rughe, le calvizie o un certo
marasma diffuso, ti porta.
Ed io parto,
così in questo mare di foglie,
il mese dei morti dove tutto sembra morire,
e che invece è quella pausa necessaria,
quella terra di mezzo dove tutti dovrebbero passare
invece di sfuggirla ricercando una qualche estate lontana.
Un mese, col freddo e l’umidità penetranti,
che potrebbe valere il senso d’uno stringersi
forte e d’un amarsi un po’di più...che è notte,“ed in una notte come questa tutto può accadere”
…
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