19.28 07/04/2009
Io,
come purtroppo tantissimi altri Campani(se non tutti),
ho vissuto e fortunatamente sopravvissuto al sisma del 1980.
Adesso, con l'Aquila, a distanza, rivivo quelle arie impolverate, quella
disperazione legata alla perdita di "solidità",
che sola sa dare la terra!
(e che sia propria poco importa...)
Un terremoto, chi non l'ha vissuto non può immaginarselo.
Voglio dire se si sta su una barca tra le onde, pur soffrendo, ci si è
preparati, si è logicamente in mezzo al mare...
un terremoto no.
E' una forza sovrumana che muove come se niente fosse,
tutti i punti fermi, tutte le logiche "gravitazionali".
Un terremoto...
potrebbe anche per assurdo esser necessario.
A riscoprire l'umanità che resiste sotto coltri di inutili preconcetti,
di filtri...
Almeno,
senza esser blasfemo, quello che ho vissuto, è stato nonostante una tragedia familiare (la morte d'un caro Zio) ed ovviamente nazionale,
un momento fortissimo, dove sentirsi vivi, partecipare alla vita,
proprio perché così sfiorati dalla morte.
Avevo 11 anni;
li sentii che non c'era età in quei momenti.
Eravamo tutti piccoli, piccolissimi.
Forse proprio per questo ci stringevamo l'un l'altro.
Dicevo adesso.
Perché dopo di allora altri terremoti sono accaduti, purtroppo con
perdite umane, ma li ho vissuti quasi con indifferenza, per non riaprire
vecchie ferite, chissà.
Nella realtà penso, provavo a dimenticare.
Si cresce cercando ingenuamente di farlo cancellando il passato.
Con la maturità dei "quasi" 40 anni (un vezzo, li compio il 20 aprile!),
mi rendo conto che è un errore grave.
Il passato non deve diventare un ossessione, ma neanche un punto nero.
Soprattutto,
è necessario far tesoro dei fatti, nella loro totalità per avere un
minimo di "voce in capitolo" PER IL FUTURO.
Il terremoto rimane imprevedibile, anche se una certa tecnologia ci
vorrebbe far credere il contrario.
Noi non siamo immortali.
La morte è presente come un'ombra in tutto quello che facciamo.
Come logica conseguenza e compagnia inseparabile della vita.
...e la natura, nella sua totalità, non è un giocattolo da manipolare a
piacimento, ma qualcosa di enorme e misterioso, e che con un ritmo tutto
suo ci parla da secoli, da millenni.
La domanda che mi pongo ed alla quale ho già una risposta,
siamo noi uomini del terzo millennio in ascolto?
...ho piuttosto, cosa che credo, siamo nell'isteria di un monologo
megalomane, salvo svegliarci quando tutto trema, ed allora pianger
bambini?
A quei bambini allora, che ci sono ancora e sempre in ognuno di noi, mi piace
parlare.
A loro dico di restar svegli, vivi
di apprendere con umiltà,
e di non smettere mai di sognare.
un pensiero sincero a quelli che hanno perduto i cari e le loro case, i
loro averi, a loro che in questo alleggerimento forzato, possano trovar
la forza e magari proprio per questo, volare...
Che vivano profondamente questo momento, scambiandosi un'umanità che è
rara in momenti normali.
Magari sperare che continui anche dopo, sapendo che è fragilissima ed è
continuamente attaccata dal modus vivendi occidentale, dal consumismo
sfrenato, dal razzismo.
Ma la speranza è ultima a morire...
A quelli che se ne sono andati, che forse stanno meglio di noi,
altra speranza rassicurante, molto più l'esser morti per cause
naturali, e non per qualche stupida guerra.
Ps:evitare inutili polemiche, incoraggiare, se pur postumi, fatti.
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